Che cos’è il Disturbo Borderline di Personalità?

Il Disturbo borderline di personalità è un disturbo di personalità annoverato nel Cluster B dei Disturbi di personalità (DSM V).

Il disturbo borderline di personalità è definito oggi come un disturbo caratterizzato da vissuti emotivi eccessivi e variabili, repentini cambi dell’umore, e da una generale instabilità riguardante l’identità della persona.

Uno dei sintomi più tipici di questo disturbo è il terrore di essere abbandonati.

I soggetti borderline tendono a crollare emotivamente, di fronte a un rifiuto o a una delusione, e a mettere in atto comportamenti autodistruttivi e distruttivi delle loro relazioni per gestire le emozioni negative da cui si sentono travolti.

Fare diagnosi di Disturbo borderline in adolescenza

Fino a qualche anno fa si pensava che l’esordio dei più comuni disturbi di personalità avvenisse in tarda adolescenza, mentre ora un’ampia letteratura sostiene la diagnosi precoce di molti disturbi di personalità, tra i quali il disturbo borderline: si trova il disturbo di personalità grave già a 14-15 anni.

Un adolescente con un funzionamento borderline è difficile da riconoscere.

Alcune “anomalie” possono però evidenziarsi.

Cosa bisogna osservare?

Le manifestazioni più palesi possono essere i momenti di aggressività fisica incontrollata, diretta verso gli altri e verso se stessi.

Questi ragazzi manifestano livelli d’ansia elevata, hanno relazioni conflittuali e turbolente con gli altri (amici, genitori, insegnanti) e in generale la tendenza a passare all’atto, come unico modo di gestire uno stato emotivo altrimenti intollerabile.

Comportamenti impulsivi, stravaganze e incongruenze, relazioni complesse e instabili possono essere indici che segnalano situazioni borderline.

Fare una diagnosi precoce è un modo di riconoscere la sofferenza di questi giovani pazienti e delle loro famiglie. L’obiettivo della valutazione diagnostica è discriminare gli adolescenti a rischio di sviluppare un vero e proprio disturbo di personalità in età adulta, per offrire loro un adeguato trattamento e il prima possibile. In una fascia d’età come l’adolescenza che offre ampi margini di ridefinizione essendo caratterizzata da grande duttilità e suscettibilità al cambiamento (anche in positivo).

Un’identità in via di sviluppo

Durante una fase di sviluppo, come quella dell’adolescenza, il piano dei sintomi e dei comportamenti osservabili è molto problematico, non avendo il carattere definito e stabile degli adulti; essi, infatti, tendono a modificarsi in base all’influenza dei cambiamenti che stanno avvenendo a livello cognitivo, affettivo e dell’identità.

Le stesse caratteristiche di incostanza e di impulsività tipiche dell’adolescenza, già sottolineate da Masterson (1968), possono limitare o quanto meno ostacolare la validità della diagnosi di sindrome borderline in questa fase.

E’ importante considerare il disturbo mentale in età evolutiva fondamentalmente come la conseguenza del fallimento dei compiti evolutivi, piuttosto che in funzione delle manifestazioni sintomatiche.

Un adolescente può dunque attuare comportamenti impulsivi e condotte antisociali nel percorso complesso di costruzione della propria identità; può così trovarsi a compiere un furto anche come tentativo di appartenere ad un gruppo antisociale di pari nell’affannosa ricerca della propria identità, tentando, magari maldestramente, e per contrasto, di mettere in discussione i modelli precedenti.

Questi comportamenti andranno dunque interpretati in relazione al loro significato transitorio all’interno di un processo di crescita, oppure inquadrati come conseguenza di un arresto nella crescita, di una struttura di personalità che mostra a distanza di tempo di non riuscire a gestire le proprie spinte evolutive, come quelle provenienti dall’esterno, finendo per poterle unicamente proiettarle all’esterno con azioni impulsive o di scarica motoria.

Per fare una diagnosi di disturbo borderline di personalità in adolescenza non ci si può quindi basare solo sui sintomi, tenendo conto del fatto che l’adolescenza è un periodo in cui la personalità fisiologicamente è in fase di costruzione e revisione, ma anche, e soprattutto, sul funzionamento psichico che sta dietro ai sintomi; è quindi più adeguata una diagnosi multidimensionale che tenga conto dei molteplici fattori facenti parte della personalità dell’adolescente (Marcelli, Braconnier, 2001; De Vito, 2002; Gabbard, 2005).

Per un’adeguata valutazione verso la citata visione multidimensionale occorrerà mettere a fuoco il variare delle manifestazioni psicopatologiche nella storia dello sviluppo, in relazione alle tappe evolutive ed ai fattori ambientali e familiari.

La diagnosi descrive qualcosa del paziente, ma il paziente non è e non coincide con la diagnosi.

Obiettivo della diagnosi

Il principale obiettivo della valutazione diagnostica è distinguere se i sintomi sono dovuti ad una normale confusione di identità, comunemente riscontrabile nell’adolescenza, o espressione di una diffusione dell’identità (mancata integrazione del concetto di sé e degli altri significativi: descrizione di se stessi caotica e contraddittoria) tipica dei disturbi di personalità, verso i quali la terapia è rivolta.

Quando è opportuno richiedere un aiuto psicologico?

In generale i sintomi che caratterizzano il DBP nell’adolescente citati più frequentemente dai vari autori che si sono occupati di questo aspetto, sono:

  • “L’agire”, sia sotto forma di passaggio all’atto (fughe da casa, autolesionismo e tentativi di suicidio), che sotto forma di agitazione e di instabilità motoria.
  • Le condotte devianti e/o delinquenziali, come l’utilizzo di alcool e sostanze stupefacenti, atti di delinquenza.
  • Difficoltà scolastiche che si traducono in insuccessi scolastici e di conseguenza rifiuto della scuola e/o fobie della scuola (DI Sauro, Manca, 2006).
  • Sessualità disregolata, come comportamenti seduttivi e provocatori non adeguati all’età, utilizzo di pornografia on-line.
  • Assenza di motivazione: il ragazzo appare stanco, svogliato, senza energie, non trova stimoli o piacere i, nello sport, non si interessa alla musica, ai film o alle letture.

Quale che sia l’approccio usato per lo studio di questi pazienti, un elemento che viene sempre sottolineato è la marcata disregolazione affettiva che essi presentano.

E’ evidente una discontinuità nelle scelte e un’incapacità nel perseguire gli obiettivi prefissati poiché le aspirazioni, i valori e i progetti di vita sono incostanti e rapidamente variabili.

Comportamenti suicidari

Sono frequenti i pensieri suicidari e i comportamenti autolesionistici nei momenti di maggiore stress.

Un’altra caratteristica di base è l’impossibilità di staccarsi:

Lo scontro ed il litigio, per quanto intensi, non portano ad una vera rottura o ad un cambiamento. Il legame, per quanto negativo ed insicuro, rimane saldamente presente perché il borderline non riesce a gestire la solitudine. Si appoggiano agli altri, solitamente ai genitori, venendo percepiti come pesanti e ingestibili, proprio perché non ammettono la “distanza”. E hanno bisogno di creare allarme per sentirsi visti e quindi sentire di esistere.

Sono terrorizzati dal poter sentire di avere bisogno dell’altro e di poter regredire ad uno stato di dipendenza, per questo sono inoltre pazienti che cercano di danneggiare ed invalidare la cura, senza potersi, anche qui, poi realmente separare.

Quale trattamento?

Come nell’adulto, la terapia di scelta di qualsivoglia Disturbo di personalità resta la psicoterapia (Girardi, 2011; Oldham et al., 2001), così in età evolutiva la psicoterapia è ancora il percorso di cura privilegiato nel trattamenti dei disturbi di personalità.

Tutte le forme di psicoterapia forniscono un’esperienza emozionale correttiva e hanno l’obiettivo di alleviare i problemi del giovane.

Credo possa essere utile cercare di pensare al soggetto borderline partendo dalla sua esperienza piuttosto che dai suoi sintomi, tenendo conto del suo modo di essere e di sentire, piuttosto che tenere a mente solo “ciò che fa”.

Chi soffre di un disturbo borderline percepisce ogni cosa profondamente e concretamente come catastrofico ed irreversibile, di cui non è consapevole, lo può diventare solo in terapia nel momento in cui lo psicoterapeuta è disponibile ad accogliere con sensibilità ed empatia le conseguenze delle sue azioni per cercare di dare loro un valore nella relazione.

I giovani pazienti che manifestano cambiamenti comportamentali ed emozionali rigidi e persistenti con riduzione del funzionamento adattivo necessitano di una valutazione che non può essere disgiunta da una presa in carico globale del paziente e del nucleo familiare, con particolare attenzione al contesto ambientale (casa, scuola, etc..) che ha un ruolo importante nel ridurre o mantenere un determinato sintomo.

Con questi pazienti il trattamento è generalmente caratterizzato e complicato da una forte tendenza ad opporre resistenza alla psicoterapia, oltre che dalla tendenza alla interruzione della stessa: di questo dovremo tenere conto nel gestire e organizzare il percorso di cura di questi pazienti.

Il mio modo di lavorare

Ritengo indispensabile offrire un ambiente di cura che sia quanto mai caldo e accogliente e al tempo stesso capace di contenere emotivamente il paziente mantenendo fermo il proprio ruolo professionale.

Occorre creare un setting terapeutico che sia sin da subito uno spazio in grado di fornire sostegno e fiducia, per favorire nel paziente adolescente la conoscenza di ciò che accade dentro e fuori di lui, attraverso un’esperienza affettiva di continuità che possa consentirgli di iniziare ad osservarsi nel proprio funzionamento.

L’ambiente di cura (professionisti, genitori e insegnanti) dovrà sopravvivere alla tendenza del paziente a distruggere le relazioni affettive, per proteggersi dall’angoscia connessa con l’entrare in contatto con i propri bisogni e il proprio legame affettivo con l’altro.

Nel programma terapeutico che propongo sono previsti incontri periodici con i genitori per valutare l’andamento del figlio, eventuali difficoltà, dubbi e preoccupazioni, nell’ottica di collaborare per trovare migliori modalità di gestione dei comportamenti problematici del ragazzo.